"You are invited to a remarkable family gathering."

martedì 27 ottobre 2009

The Believer


Seconda parte video


The Believer di Henry Bean (2002)
ispirato alla storia vera di Daniel Burros, ebreo nazista




From Jew to Jew-Hater: The curious life (and death) of Daniel Burros
di William Bryk, New York Press, 25 febbraio 2003

"L'ebreo che odiava gli ebrei: la strana vita (e la morte) di Daniel Burros"
(sintesi dell'articolo, in italiano)
Daniel Burros, figlio di George e Esther, nipote di ebrei russi, nasce nel 1937. Scuola ebraica, Richmond Hill. Bar mitzvah, 1950.
Quoziente intellettivo: 154. Primo della classe al liceo, ma ansioso, al limite dell'isterico. Terrorizzato dall'idea di 'perdere', a qualsiasi gioco. Emarginato. Non ha amici. Si arruola nell'esercito, ma viene congedato per turbe mentali. (...)
Nel 1960 diventa segretario dell'American Nazi Party. Viene arrestato quattro volte. Una volta, per atti di vandalismo contro la Anti-Defamation League ebraica. In questo periodo un amico gli fa un ritratto a olio che lo ritrae in alta uniforme nazista, con alle spalle i forni di Auschwitz. Porta con sé una saponettta con su scritto: "Fatta col migliore grasso ebreo". I compagni di partito lo prendono in giro per la sua camminata, che chiamano "il passo dell'oca zoppa". Ha sempre i tacchi degli stivali consumati ai due lati esterni.
Diciotto mesi dopo lascia il partito e il suo quartiere generale, e torna a casa. Lavora in una tipografia. Con un gruppetto di dissidenti fonda l'American National Party e la rivista "Kill!" Il suo primo editoriale si intitola "L'importanza di uccidere": "Uccidi! Uccidi! uccidi! Erigi la tua prima catasta di cadaveri di traditori, da cui potrai scorgere un grande futuro all'orizzonte." Partito e rivista hanno chiuso meno di un anno dopo.
Nel '64 viene arrestato dopo un'azione condotta dal suo gruppo contro alcuni manifestanti neri. Condannato, esce su cauzione pagata dai genitori.
Nel 1965 incontra Robert Shelton, leader di una fazione del Ku Klux Klan, che lo nomina subito Gran Dragone di New York, dove coordina alcune decine di membri del Klan.
Il Comitato per le attività anti-americane identifica Burros, che viene espulso dal Klan. Un agente governativo che ha indagato su di lui sa che Burros è ebreo e, per fermarlo, fa una telefonata al New York Times. Il giornale assegna il pezzo a Richard Phillips.

Insieme ai due colleghi Blumenthal e Roberts, Phillips ricostruisce la vita di Burros, dal liceo ai gruppi neo-nazisti. Trova i genitori, che però non vogliono parlare. E ai tre giornalisti serve la prova che Burros è stato un vero ebreo, anche un solo giorno della sua vita.
Phillips lo incontra in una tavola calda, e Burros lo minaccia. Fuori dal locale, lo minaccia un'altra volta. Phillips, un fervente evangelico, gli dice: "Come è stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio". Burros gli confessa che ormai è troppo tardi, non può cambiare. La sua vita gli piace. Si stringono la mano e si lasciano.
Il giorno dopo, poche ore prima della scadenza per la consegna del pezzo, Blumenthal trova traccia del bar mitzvah di Burros. Il pezzo va in stampa.
Il 31 ottobre del 1965, Dan Burros è a casa di Roy Frankhouser, Gran Dragone di Pennsylvania. Esce a comprare il giornale e aprendolo esclama "Oh, mio Dio". Tornato a casa, si precipita in camera di Frankhouser, seguito dai compagni. Afferra la pistola sulla scrivania e dice: "Non ho più niente per cui vivere". Dopodiché si spara un colpo al petto. La ragazza di Frankouser urla. Burros, ancora in piedi, dice: "Questa è la volta buona". E si spara un colpo in testa.
Di fronte al corpo del figlio, all'obitorio, Esther dice: "Era un così bravo ragazzo".

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